Lavorare con gli archetipi, meditazione su Giove

V Convegno Astrologico Torinese

Astrologia esperienziale

“Lavorare con gli archetipi: meditazione gioviana”

 

Sin dai miei primi studi sulla simbologia astrologica e sugli archetipi universali sono stata profondamente colpita da uno dei concetti dello psicoterapeuta Carl Gustav Jung: oggi le nevrosi sono spesso frutto della mancanza di vivere attivamente i simboli, di sperimentare, cioè, in sé quel qualcosa di magico, di numinoso con cui invece gli antichi erano costantemente in contatto. Abbiamo sostanzialmente perso questa capacità di connessione e di stupore, ma è possibile recuperarla. Come? Fermandoci ad osservare, a contemplare, nel silenzio, nell’ascolto interiore, attraverso la meditazione.

 

Tanto più che come appassionati di astrologia abbiamo una marcia in più possedendo una dimestichezza con i simboli, con le energie archetipiche.  

 

Sempre Jung affermava che gli dèi e le dee della mitologia erano simboli di profondi fattori inerenti la psicologia umana, fattori che erano condivisi da tutta l’umanità e da qui postulò il concetto di un livello di coscienza che denominò “inconscio collettivo” . E’ l’inconscio collettivo che crea le potenti immagini simboliche che si vengono a trovare nella parte più profonda dei nostri processi psicologici e che Jung chiamò archetipi.

 

Dal momento che i pianeti sono definiti con nomi che richiamano dèi e dee della mitologia e che anche i segni dello zodiaco hanno connessioni mitologiche, è chiaro che il linguaggio dell’astrologia è di fatto quello degli archetipi.  

 

Gli archetipi sono i nostri principi primi, sono una coagulazione di energie e, ancora secondo Jung, la realtà archetipica interagisce con i fatti della nostra vita quotidiana  grazie al processo della sincronicità che permette di unire, di collegare tra loro fattori che in apparenza non hanno nessuna causa perché ciò accada. La sincronicità è dunque, secondo le sue parole, “un principio di connessione acausale” e l’unione tra realtà e simbolo avviene ad un livello interiore, psicologico e l’inconscio è l’agente attivo di questa unione.  

 

La nostra carta natale rappresenta il momento più sincronico di tutti poiché è il diagramma del cielo in un dato momento nel tempo che è quello della nostra nascita. La carta natale è pertanto l’immagine della nostra relazione simbolica con il cosmo e ci inserisce, come individui, nello schema archetipico delle cose.

 

E’ come un mandala, cioè una raffigurazione simbolica che rappresenta l’unità psico-spirituale, la completezza e che viene usato, nei Paesi orientali,  come sistema di meditazione. La meditazione su un mandala aiuta chi la pratica ad entrare in contatto con il centro, con quel senso di completezza e di unità di cui si va alla ricerca.  

 

In questo mandala i pianeti e i segni zodiacali che vi sono inseriti, con gli dèi e le dee e i racconti mitologici a cui si riferiscono, sono immagini archetipiche eterne. Immagini che sono fuori e dentro di noi per cui mettersi in contatto con esse, attraverso la dimensione della carta natale, vuol dire mettersi in contatto con quella parte di noi che è eterna. 

 

Personalmente, in base ai miei studi sulle energie, sono sempre più dell’idea che ogni pianeta abbia un suo particolare influsso a cui corrisponde una determinata tonalità, una certa frequenza e che gli antichi abbiano saputo percepire queste differenze creando così la simbologia di ciascun pianeta. Il fatto è che i nostri predecessori, in qualsiasi angolo del globo, come dice bene Anthony Aveni, professore di astronomia ed antropologia, “ritenevano di vivere in un universo animato, in un ambiente vivo, fertile, vibrante e interattivo”. Noi oggi, in questa civiltà frenetica così separata dall'ambiente che ci circonda, in questa civiltà che analizza, divide, specializza, solo molto faticosamente possiamo concepire l'universo come lo concepivano i nostri antenati. Abbiamo smesso di sentire, di percepire. 

 

Per gli antichi il macrocosmo si rifletteva nel microcosmo, il tutto si rifletteva nella parte, secondo il motto "così in alto, come in basso". Essi tendevano pertanto a  mettere in relazione le cose fra di loro: integravano, cercavano le corrispondenze segrete.  I nostri predecessori, però, nella loro tendenza a mettere in relazione, univano anche quello che per noi oggi è un mondo inanimato alla sfera animata della loro vita e crearono un rapporto tra il cielo e tutte le attività umane.

 

Energie planetarie, linguaggio del mito, riti e simboli astrologici erano tutti, pertanto, correlati fra loro.

 

Facciamo un po’ di etimologia…..

 

La parola mito (dal greco mythos)  è la parola nel senso forte, vibrante. E’ la parola che ha significato. “Das sagende Wort” per usare un termine caro al filosofo tedesco Heidegger. Differisce dal “logos” (parola semplice) o da “resis” (parlarsi addosso).  I miti ci vogliono dunque comunicare qualcosa di importante. E  la parola mito contiene una radice Mu che significa “chiudere gli occhi”, “chiudere le labbra” ovvero il silenzio iniziatico che si diceva “echemythìa” ovvero il possesso del mito e quindi il possesso della parola sacra che va profferita con un particolare sibilo sonoro, un particolare mantra. Il mito non è che la parola stessa, la parola che ripetuta ritualmente possiede un potere, una sua sacralità (teniamo ben presente che un tempo vi era un linguaggio “ieratico” e uno “demotico”). Ogni scuola iniziatica aveva un suo racconto sacro che ruotava intorno agli  dèi e alla creazione anche perché, come già indicato più sopra, per gli antichi c’era questa connessione con il Tutto, con la natura intorno ed i processi cosmici in una visione della vita in cui, come diceva il filosofo ionico Talete, “tutto è pieno di dèi”.

 

Ma come si poteva comprendere la realtà? Un metodo era proprio il simbolismo che grazie al suo carattere analogico e sintetico  mette insieme, correla.  (Comprendere= prendere insieme). Attraverso il linguaggio del simbolo si può avere una visione d’insieme in simultanea poiché si crea un’identità fra il soggetto che vuole conoscere, la totalità del reale e l’atto stesso del conoscere.

 

Il compito di una struttura iniziatica era quello di trasformare il caos in ordine. Non per niente queste  strutture erano guidate da astronomi-astrologi profondi conoscitori della matematica e della geometria, in altre parole dell’ordine che vedevano in cielo e che misuravano attraverso l’osservazione planetaria e delle stelle.

 

Ma iniziazione è anche, dal latino “inire”, entrare dentro, nella propria interiorità. E d’altra parte in greco è “myesis”, sempre da quella radice Mu. Iniziazione come fare esperienza in sé, rivolgersi all’interno. Non è allora solo un apprendimento libresco, come afferma lo stesso Aristotele in un frammento. I libri vanno bene, sono un sostegno ma l’iniziazione degli antichi riflette un processo interno che è anche conoscenza come visione (i testi sacri indiani si chiamano per l’appunto “veda” da una radice indoeuropea “vid”, vedere). Visione che può portare così a trovare una dimensione altra, più alta, che va oltre il Tempo, che è eterna e che permette una trasformazione alchemica, una mutazione del regime esistenziale, un salto quantitico.   

 

Importanza del lavoro con gli archetipi

 

Il lavoro con gli archetipi attraverso la meditazione guidata permette esattamente di fare tutto il lavoro sopra descritto e cioè di accedere ai nostri canali interiori, di conoscere da noi stessi attraverso la visione e l’ascolto interiore, attraverso l’esperienza diretta, il nostro sentire, le nostre emozioni. E’ una tecnica molto potente che non va approcciata assolutamente in maniera frivola. Al contrario è necessario mostrare rispetto per gli archetipi nella forma in cui si presentano e occorre trattarli come se fossero reali e non frammenti della nostra immaginazione. Infatti questo contatto con gli archetipi così vitale è in grado di risvegliare in noi le nostre potenzialità,  talenti e qualità sopiti. Ci può anche liberare da alcuni pensieri e sentimenti limitanti e frenanti o può gettare una luce su alcune paure o lati oscuri. A volte l’incontro con gli archetipi non è facile quindi. Ma rappresenta una sfida per imparare una determinata lezione, per affrontarli, riconoscerli, per sviluppare meglio qualche aspetto della nostra personalità.

 

La cosa più importante, in questo tipo di lavoro, è lasciare che le immagini emergano spontaneamente senza frenarle con la nostra parte razionale. E’ lasciare che si sviluppino da sé, che ci parlino perché possiamo intessere un dialogo con  i nostri archetipi, farli parlare, porre domande, ottenere risposte. L’importante è essere aperti e lasciarci andare.

 

Potremo così conoscere meglio l’archetipo rappresentato nella nostra carta natale o quello che attualmente si sta presentando nel nostro cielo. I transiti vogliono sempre insegnarci qualcosa e in questo dialogo interiore con l’archetipo possiamo apprendere di più su noi stessi e sul momento che stiamo attraversando.

 

Il principio di Giove 

 

Giove rappresenta la crescita, l’espansione, la riuscita, la ricerca della saggezza, la trasmissione agli altri, l’ottimismo, la speranza, la fortuna, la gioia di vivere, la generosità, il dono della profezia, la capacità di rischiare, la creatività, l’abbondanza.

 

Un eccesso di energia gioviana porta all’arroganza, alla presunzione, ad un ottimismo eccessivo, a prendersi rischi eccessivi, allo sperpero.

 

Una mancanza di energia gioviana porta al timore del rischio, alla chiusura verso nuove idee e nuove conoscenze, alla paura di aprirsi verso nuovi orizzonti e nuove esperienze, alla pigrizia.

 

Siccome il lavoro con gli archetipi agisce anche sul piano strettamente fisico e dell’anatomia sottile, riporto qui il principio gioviano da un punto di vista energetico.  

 

Giove fra i chakra ( porte di entrata ed uscita dell’energia vitale sottile che viene da essi elaborata perché possa essere assimilata in maniera adeguata dal corpo fisico) è collegato al secondo, quello all’altezza dell’ombelico, che esprime il nostro potenziale creativo e la capacità di gioire delle cose della vita. Per questo motivo questo chakra è anche legato all’espressione della sessualità.

 

Il nome di questo chakra in sanscrito è Svadhishthana che significa “la propria dimora”. Il simbolo è una luna crescente bianca. Il suono vibratorio è VAM. Il colore collegato è l’arancio. L’organo sensoriale collegato è il gusto, la lingua mentre gli organi attivi collegati sono gli organi sessuali ed i reni. Fisiologicamente questo chakra è connesso al sistema genito-urinario e a quello riproduttivo mentre le ghiandole associate sono le gonadi.

 

Attraverso questo chakra si apprende a regolare le energie del desiderio gestendole per raggiungere una prospettiva equilibrata.

 

Le disfunzioni fisiche tipiche legate a questo chakra sono: problemi alla prostata, cistiti,  qualsiasi disturbo agli organi sessuali femminili, il cancro alle ovaie e alla prostata.

 

Anche la frigidità, l’eccessivo pudore o un’attività sessuale ossessiva sono simbolo di un malfunzionamento di questo chakra. 

 

La meditazione dell’archetipo di Giove

 

Il luogo più adatto per la pratica è un posto tranquillo, dove ci si sente a proprio agio e dove la mente non riceva distrazioni. Se è possibile usufruire di uno spazio naturale è meglio: gli alberi, il suono dell’acqua, la vista del cielo sono di grande aiuto per entrare in contatto con la propria interiorità e per rilassarsi. Ma se questo non è possibile allora si può scegliere un angolo tranquillo della casa e  predisporlo con incensi profumati, candele, fiori per aumentarne le vibrazioni positive. 

 

Il momento più adatto è quando si dispone di pace e calma: che questo accada la mattina, la sera dopo il lavoro o lo studio, o prima di coricarsi, non ha importanza.

 

Si può praticare la meditazione sedendo su una sedia: mantenere la colonna vertebrale ben eretta, lasciare cadere le spalle in posizione morbida, porre le mani sulle cosce con i palmi rivolti all’insù; chiudere gli occhi e reclinare leggermente la testa in avanti. Se ci si siede a terra, la posizione ideale è quella del “fior di loto”: incrociare le gambe, porre le mani  in grembo con i palmi all’insù e con la destra sulla sinistra ( il contrario per chi è mancino) oppure appoggiarle sulle ginocchia. Tenere gli occhi chiusi. Se si sceglie  la posizione sdraiata, sistemarsi supini con le braccia rilassate lungo i fianchi e i palmi delle mani rivolti all’insù. Chiudere gli occhi. 

 

Quando si medita, è importante respirare naturalmente e con calma. La consapevolezza del respiro, del suo ritmo fatto di inspirazione ed espirazione, è un metodo efficacissimo per allentare le emozioni negative.

 

Per entrare in uno stato di rilassamento è consigliabile dunque iniziare con un ciclo di 5/9 respirazioni  a cui unire immagini mentali: inspirando  immaginare di far entrare nel corpo una luce curativa, purificatrice; quando si espira immaginare che questa luce porti fuori dal corpo tutta la negatività accumulata.

 

La fase successiva è quella di rilassamento, molto importante  perché  aiuta a sciogliere le tensioni muscolari e a creare lo spazio mentale di calma. Partendo dalla testa piano piano, prendendosi tutto il tempo necessario, si rilasseranno tutte le parti del corpo. 

 

Finito il rilassamento, si è creato lo spazio mentale di calma idoneo per entrare nella successiva fase della visualizzazione.

  • Ora immagina un globo di luce arancione ruotare sopra il tuo capo in senso orario: è una luce benefica, radiante.
  • Osserva il globo aprirsi come un fiore di loto e far uscire questa energia benefica e radiante  che scende come una doccia di luce ripulendo tutto il corpo denso e quello sottile.
  • Man mano che l’energia scende come una doccia ai tuoi piedi si forma una pozza di energia densa, oscura ed opaca: è tutta la sostanza inutile che viene lavata via e che viene riassorbita dalla madre terra che tutto può riciclare e trasformare.
  • Senti gratitudine per questa capacità della madre terra e continua a vedere il tuo corpo denso e quello sottile che si fanno sempre più puliti e luminosi.
  • Ora l’energia del globo entra gradualmente nei vari organi risanandoli e portando vitalità: prima gli occhi, poi la gola e via via i polmoni, il cuore, lo stomaco, il fegato, il pancreas, la milza, l’intestino, i reni aggiungendo le ovaie e l’utero se sei donna o la prostata se sei uomo.
  • Soffermati ora in particolare sul fegato, sul pancreas, sui reni, sulle ovaie o la prostata,  prendi contatto e osserva.
  • Ora questa stessa energia di vitalità e gioia entra nei tessuti, nei nervi, nei muscoli, nelle ossa, in ogni singola cellula. Sentila in particolare passare nelle vene.
  • Adesso soffermati sul tuo ombelico, sede del chakra gioviano, e permetti all’energia arancione del globo di luce di ripulire tutto quanto si è addensato a questo livello.
  • Ora l’energia del globo entra nella tua mente facendo sciogliere ogni pensiero negativo e rendendo la tua mente come uno specchio.
  • A questo punto è il momento di lavorare a livello del corpo sottile e immagina l’energia del globo passare sulla tua aura espandendola e rendendola più radiosa, più luminosa.
  • Per un po’ lasciati cullare da questa energia radiante di colore arancione sentendone tutto il benessere che ti apporta.
  • Lentamente ora visualizzati in un tempio. Osservalo con attenzione e calma soffermandoti sui particolari: l’atmosfera che vi regna, i colori, il tipo di luce.
  • Trova in questo tempio un posto per te ideale per sederti e rimani in attesa tranquilla.
  • Davanti a te arrivano due sacerdoti con due brocche di acqua. Con quest’acqua ti lavano piedi e mani e poi ti fanno indossare una tunica bianca di lino.
  • Ti rimetti seduto/a in posizione tranquilla e serena. Ora davanti a te sta arrivando l’archetipo di Giove. Lascia che si presenti alla tua vista spontaneamente, così come ti appare. Osservalo ed accoglilo con il cuore traboccante di gioia: è lì per te.
  • L’archetipo ha un dono per te e te lo offre. Lascia che l’immagine del dono si presenti spontaneamente. Saprai intuitivamente a cosa può servirti e perché ti è stato dato e accettalo con gioia.
  • Ora puoi porre una o più domande all’archetipo di Giove. Lascia che anche queste affiorino spontaneamente e ascolta in tutta tranquillità le risposte.
  • Ora l’archetipo si congeda da te e tu lo ringrazi per essere venuto a te.
  • A questo punto ti alzi e cammini per un po’ nel cortile del tempio. Poi esci. Davanti a te c’è un grosso e forte albero secolare. Ti avvicini e vai a sederti  a terra poggiando la schiena lungo il suo tronco. Sentine la ruvidezza e senti le radici sotto i tuoi piedi. Rimani per un po’ così e poi senza fretta, prendendoti tutto il tempo che ti è necessario, comincerai ad aprire gli occhi.
  • In posizione inginocchiata, con i talloni sui piedi, ringrazierai per l’esperienza vissuta.

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